Quando ho deciso di mettermi in viaggio verso le aree interne e i comuni a rischio spopolamento del nostro Paese, questo tema non era poi così in auge come lo è oggi. Non c’era una Strategia nazionale che se ne occupasse e tutto sommato erano in pochi a parlarne, anche se il problema era ormai evidente e chiaro a tutti. Ho voluto toccare con mano un mondo che in qualche modo mi apparteneva. Zaino in spalla, ho iniziato a cercare questi posti partendo da Roma, raggiungendoli con i soli mezzi pubblici.
Quattromila chilometri in tutto. Non sono tanti, ma sono stati sufficienti per farmi capire alcune cose importanti. Sono partito con l’idea di sfidare l’isolamento, l’abbandono e un’inaspettata e paradossale solitudine sperimentata in città. Per questo mi sono spinto nelle aree interne di Basilicata, Sicilia e Toscana (nel suo nord meno conosciuto). Pensavo che solo affrontandola a muso duro, nel suo campo di battaglia, avrei davvero vinto la paura di restare solo. Ma non è stata la solitudine a venirmi incontro. Ho conosciuto tante persone. Tanti volti. Tante storie. Tutti incontri inaspettati e non programmati. Autentici. Nei loro racconti, nelle loro voci e nei loro sorrisi ho ritrovato il codice sorgente di quello che è per me la felicità. E il viaggio che avrebbe dovuto permettermi di raccontare l’abbandono mi ha portato altrove. La frontiera interna di questo paese è quel che ho – e forse abbiamo un po’ tutti – dentro. Una felicità che non sa d’esistere. E che va riconquistata non solo col cuore, ma anche con le proprie gambe, le proprie mani, la propria testa.
Gli appunti di quel viaggio – compiuto tra il 2011 e il 2012 – a loro volta sono stati ricoperti dalla polvere della quotidianità, del lavoro, dei soliti imprevisti e dei miei viaggi da pendolare. Poi, in un periodo un po’ complesso, li ho riletti e ho capito che potevano essere utili non solo a me, ma anche agli altri. Quel viaggio ha ancora qualcosa da dire. Soprattutto ai più giovani e ai ragazzi delle aree interne che restano, che hanno il coraggio di restare.
L’editore Ediciclo mi ha dato questa opportunità: condividere e far rivivere questo viaggio, oggi che il tema è più sentito, più discusso – anche nelle sedi istituzionali -, più riconosciuto. “L’Italia che resta. La frontiera interna e il coraggio di essere felici” (guarda il video di presentazione)non è un vero e proprio reportage, non è un saggio, non è un’inchiesta giornalistica. È un viaggio raccontato in prima persona attraverso la frontiera interna di questo nostro Paese e di un ragazzo di 30 anni che ha lasciato il suo di paese quando ne aveva 18 perché pensava che il futuro – il suo e non solo – dovesse realizzarsi necessariamente in una grande città.
L’Italia che resta è il mio primo libro. Ci ho messo un po’ a decidere di fare questo passo. L’ho fatto con consapevolezza. Dal 3 giugno il libro è nelle librerie di tutta Italia e sul sito di Ediciclo Editore. Vi aspetto qui e dal vivo – speriamo presto – per parlarne. Per confrontarci sulla frontiera interna di ciascuno e sul coraggio che ci vuole per essere felici.
“Non c’è un viaggio senza che si attraversino frontiere”
Claudio Magris (L’infinito viaggiare)
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